Le colline e le rive del Po sono un giallo bruciato
e noi siamo quassù a maturarci nel sole.
Mi racconta costei – come fossi un amico.
«Da domani abbandono Torino e non torno mai più.
Sono stanca di vivere tutta la vita in prigione».
Si respira un sentore di terra e, di là dalle piante,
a Torino, a quest’ora lavorano tutti in prigione.
Il quartiere, il paese, la città, la strada
«Torno a casa dei miei dove almeno potrò stare sola
senza piangere e senza pensare alla gente che vive.
Là mi caccio un grembiale e mi sfogo in cattive risposte
ai parenti e per tutto l’inverno non esco mai più».
Nei paesi novembre è un bel mese dell’anno:
c’è le foglie colore di terra e le nebbie al mattino,
poi c’è il sole che rompe le nebbie. Lo dico tra me
e respiro l’odore di freddo che ha il sole al mattino.
«Me ne vado perché è troppo bella Torino a quest’ora:
a me piace girarci e vedere la gente
e mi tocca star chiusa finch’è tutto buio
e la sera soffrire da sola»! Mi vuole vicino
come fossi un amico: quest’oggi ha saltato l’ufficio
per trovare un amico. «Ma posso star sola cosi?
Giorno e notte – l’ufficio – le scale – la stanza da letto
se alla sera esco a fare due passi non so dove andare
e ritorno cattiva e al mattino non voglio più alzarmi.
Tanto bella sarebbe Torino – poterla godere
solamente poter respirare». Le piazze e le strade
han lo stesso profumo di tiepido sole
che c’è qui tra le piante. Ritorni al paese.
Ma Torino è il più bello di tutti i paesi.
«Se trovassi un amico quest’oggi, starei sempre qui».
Cesare Pavese – da Lavorare stanca, Einaudi, 1943