Ogni storia ha un luogo che la accoglie e ogni luogo conserva dentro di sé l’ombra di chi c’è passato, custodendone, a volte, come uno scrigno prezioso, tutte quelle verità trascurate perché scomode o poco visibili se non con gli occhi del cuore.
La casa delle madri è insieme la storia e il luogo: la storia che racconta un luogo e un luogo capace di raccontare quell’unica storia.
Che cosa siamo noi? Da cosa dipende il passo che ci apprestiamo a compiere fin da quando facciamo il primo respiro?
Ogni cosa che la vita ci pone dinanzi, e che ci accingiamo a vivere, dipende da una concatenazione di fatti, luoghi, persone che si trovano, per caso o per destino, sul nostro percorso.
I luoghi, le persone, la loro energia, il loro essere o non essere qualcosa di specifico diventano, in qualche modo, elementi che si intrecciano ad un ordito tutto da fare che cresce e si plasma, man mano che un passo viene fatto, anche grazie – o a causa – di questi elementi.
Legami che creano dipendenze
“La casa delle madri”, di Daniele Petruccioli, edito da Terrarossa edizioni, è un racconto cadenzato di come certi meccanismi nascono, si nutrono, alimentati da chi, inconsapevolmente, ne vive le sorti, per diventare, poi, un inganno di cui difficilmente si ha consapevolezza e, perciò stesso, si riesce a liberarsi.
Dalle immagini, che passano attraverso le parole calibrate e leggere, alle emozioni che certe immagini sanno suscitare, quasi come se ci si fosse dentro, calati nelle angosce e nella trappola che queste hanno il potere di architettare, fanno di questa lettura uno spazio ben definito: un perimetro che racconta le catene, i sotterfugi, le dipendenze a cui spesso ognuno di noi si ritrova aggrappato o, forse, decide di aggrapparsi.
Protagonisti della storia sono dunque i luoghi e le persone, ma ancor più i rapporti tra i luoghi e le persone, quei legami che diventano quasi dipendenza e che generano destini reciproci, come una sorta di scambio di eventi e situazioni che fluiscono nel tempo.
La narrazione procede, per certi versi, come una piece teatrale, con un numero indefinito di atti in cui lo spazio è reso quasi immobile e concentrato sui luoghi e sugli eventi, che in quei luoghi si consumano, che daranno il ritmo del tempo, ma soprattutto il senso e il peso di quell’ intreccio “fatale” tra persone e oggetti e luoghi e emozioni nell’incedere delle loro trasformazioni.
Due persone, Sarabanda, donna autonoma fin da sempre, femminista convinta, slegata dalle convenzioni e convinta sostenitrice di un’idea di uomo “in costante rifiuto”, vive con il pensiero incessante che “così come lei aveva dovuto rivoluzionare il proprio modo di essere rispetto alla società, così i suoi uomini, se volevano renderla orgogliosa, dovevano farsi diversi agli occhi del mondo”; Speedy, uomo, marito e padre immaturo, sfuggente “prima di tutto a sé stesso”. Due persone che intrecciano le loro vite in una unione da cui nasceranno due figli gemelli: Elia e Ernesto. Due figli che sono a loro volta un intreccio di anime e di corpi, pervaso da paure, colpe, angosce e pensieri irrisolti, che andrà a sovrapporsi al loro percorso già iniziato con il piede sbagliato.
Labirinti di memorie
La casa non si appartiene, né appartiene a chi l’ha costruita intorno a sé; appartiene, come sempre, in parte alle memorie che la abitano (anche inconsapevolmente, da chi ci vive in carne e ossa), in parte alle esperienze che la abiteranno (e di cui gli spazi – segretamente – recano già le tracce).
La loro storia, fatta di sofferenza e dolore, viene fuori attraverso la memoria intrappolata nelle mura di due case: quella in cui Sarabanda e i gemelli andranno a vivere dopo il divorzio da Speedy, che è la vecchia casa di famiglia regalata a Sarabanda da suo padre, pregna quindi già di una storia che si sovrappone alle nuove vite, e la villetta al mare in cui i gemelli andavano in vacanza in estate con mamma e papà.
Tutti i luoghi in cui Sarabanda, Speedy, Elia ed Ernesto avevano provato a dare forma alla loro esistenza di famiglia e, anche, di singoli individui, iniziano a sfaldarsi, non solo nel corpo, ma soprattutto nell’anima, e insieme ad essi, si sfalda definitivamente ogni tentativo di memoria di ciò che era forse, già sfaldato fin dall’inizio, già prima di prendere forma, nonostante Sarabanda avesse provato, in tutti i modi possibili, di diventarne il pilastro principale, caricandosi di pesi impossibili da sostenere.
Una storia che si materializza e diventa viva, paradossalmente, solo nel momento in cui si frantuma, esattamente come succede alle due case che, nell’incedere dello sventramento delle pareti, tirano fuori emozioni e verità fino a quel momento intrappolate in un reticolo di immobilismo. Saranno quelle memorie che amplificheranno ogni singolo evento del passato, sviscerandone errori stratificati e soluzioni mai attuate, portando alla luce tutte le contraddizioni, ma soprattutto la fatica di uscire da certi labirinti:
Esistono direzioni che, per quanto uno faccia, sembrano davvero ineludibili. È quello che chiamiamo tragedia, appunto, o labirinto, una strada che sembra riapparirci sempre davanti, per quante svolte cerchiamo di imboccare. Se togliamo la malattia – tragedia, labirinto fondante di questa famiglia – non ci ritroviamo forse con le stesse fatiche, lo stesso intrico di colpe e di paure da cui si deve difendere ogni nucleo familiare? Forse, o forse no.
Emanuela Gioia
La casa delle madri è l’esordio narrativo di Daniele Petruccioli. Tra i vari riconoscrimenti, il più importante è sicuramente quello di essere entrato nella rosa dei 12 candidat3 al Premio Strega 2021.
A proporlo è stata la scrittrice Elena Stancanelli con la motivazione che segue:
«Daniele Petruccioli, già esperto e raffinato traduttore, ha scritto un romanzo che candido allo Strega perché possa guadagnare lettori. Sicura di fare a quei lettori un regalo. La casa delle madri è una storia familiare, dolente, dal passo meditato, mai isterico. L’ambiente, poco esplorato di questi tempi, è quello della borghesia colta. Sarabanda, vitale, femminista, ricca e coraggiosa sposa Speedy, eterno ragazzo, bello e inquieto. Rimane incinta di due gemelli, ma al momento del parto qualcosa va storto. Ernesto ed Elia sono identici, ma diversi. Ernesto in particolare è diverso da tutti, ma Sarabanda non vorrà mai ammetterlo. Elia cresce inseguito da quel mantra, “bada a tuo fratello”, Ernesto, crescendo, gonfia il suo impaccio in una rabbia autolesionista. Fin quando la sua malattia finalmente verrà diagnosticata. Daniele Petruccioli racconta questa storia con una lingua raffinata e un andamento che incanta. Le anse dell’amore, le morti, l’appartenenza e la fuga. Case, gatte, nonne e bambini protagonisti di un’esistenza normale, normalmente dolorosa.»
TITOLO La casa delle madri
AUTORE Daniele Petruccioli
EDITORE Terrarossa Edizioni
ANNO DI USCITA 2020