C’è un tempo per ogni cosa, è vero.
È un tempo che ci appare infinito e che, invece, sa bene – lui – quanto vale e quanto sia importante riuscire a tenerlo per mano e farsi accompagnare.
È un tempo che a volte ci sfugge perché crediamo che “un altro po’”, alla fine, non può far male a nessuno. Del resto, ci diciamo, è il nostro tempo, appartiene a noi, alla nostra vita, ai nostri desideri, alle nostre implicazioni emotive e professionali e sentimentali. Cosa vuoi che importi all’universo ciò che facciamo noi del nostro tempo?
Poi, però, accadono cose che di quel tempo ti fanno avere contezza: come se improvvisamente quegli istanti che sembravano solo tuoi capisci che, invece, devi imparare a condividerli con cose, situazioni e scelte da fare, e inizi ad averne una percezione diversa; come se, improvvisamente, ti accorgessi quanto quel tempo non lo puoi gestire come avevi pensato, perché è lui che gestisce te ed è lui che va per la sua strada, anche quando tu decidi di non tenergli più la mano, tanto cosa vuoi che sia, mica ci si può perdere.
Il tempo non è nulla di astratto, e non lo è nella misura in cui, troppe volte, diventa un mentore a cui faremmo bene ad affidarci e con cui, prima o poi, dobbiamo fare i conti.
Ogni cosa che la vita ci pone davanti ha, a suo modo, il sapore del compromesso, ancora di più oggi, in questa società in cui di quel tempo abbiamo perso il senso ma anche il desiderio.
Perché di ogni minuto vorremmo farne un’ora e di ogni giorno vorremmo fare molte vite.
Ogni donna, molto più di ogni uomo, è costretta ad un certo punto a fare i conti con un tempo che, scandito secondo natura, non permette null’altro se non una, e una sola, scelta.
Perché essere donna ed essere madre, oggi, non funziona più.
Le esigenze sono cambiate, essere moglie e madre non è più l’unico obiettivo, di sicuro non è più la priorità assoluta, ed essere madre, oggi, non ha quasi più il sapore del desiderio di felicità, quanto piuttosto il gusto amaro del dover scegliere: tra due cose che si fa fatica a tenere insieme e che, per questo, troppo spesso, diventa una selezione da cui si fa prima a scappare e che viene sempre più voglia di rimandare. Tanto c’è tempo.
E invece il tempo non c’è.
E non c’è per l’una e nemmeno per l’altra cosa e quindi, in un modo o nell’altro, qualunque direzione diventa un desiderio a metà.
La storia di una donna e di molte donne
Antonella Lattanzi in questo libro autobiografico, che racconta prima di tutto la sua esperienza, ci racconta il dolore del suo tempo perduto e della convinzione di averlo tenuto per mano quel tempo che, invece, ad un certo punto ha iniziato ad andare più veloce di lei.
E ci racconta il senso di colpa di aver desiderato due felicità con la stessa forza e l’impossibilità di portarle avanti insieme, dando priorità a quella che – forse – faceva meno paura o che – forse – era più necessaria o che – forse – semplicemente desiderava un po’ di più dell’altra.
Ad ogni modo, che fosse insieme o che fosse una per volta, di quelle due felicità è stato necessario fare una sola scelta e quella scelta ha lasciato, poi, un vuoto da colmare e tante, troppe, ferite inferte sul corpo e, ancor più, nell’anima.
In questa storia, che è la storia di Antonella, c’è la storia di una donna che desidera fare la scrittrice, ma sa che un giorno vorrà avere dei bambini e fare la mamma, e che quel giorno lo vede prima lontano e poi sempre più distante, perché sopraffatta dalla paura di dover abbandonare quello che fa o di non avere più il tempo o la forza di fare tutto insieme e di perdersi quindi dei pezzi per strada, di una o dell’altra cosa.
Dunque, è la storia di molte donne che come lei si ritrovano a vivere in una società che se apparentemente sembra aver fatto molti passi in avanti, lasciando spazio professionale alle donne, nella concretezza delle cose di ogni giorno non è stata in grado di creare sostegni concreti con i quali attenuare certi colpi che una donna si ritrova a dover subire durante, e soprattutto dopo, una gravidanza.
Nell’immaginario di ogni donna pensare di essere madre e donna e professionista insieme è un po’ come doversi trasformare in una Wonder woman dell’ultima ora. E non è sempre facile, né pensarlo e ancora meno metterlo in atto.
Pensate, invece, quanto sarebbe bello e incoraggiante sapere di avere delle istituzioni capaci di fare da cuscinetto, dove sentirsi accolte, non giudicate e soprattutto aiutate laddove, ormai, non esiste più la famiglia come un tempo a fare da supporto, che sia emotivo o pratico, poco conta.
Sarebbe bellissimo e confortante, e renderebbe ogni donna libera dal senso di colpa o dalla necessità di compiere scelte forzate o dal rimorso di non aver fatto ogni cosa a suo tempo.
Fantascienza? A conti fatti, sì.
Emanuela Gioia
TITOLO Cose che non si raccontano
AUTRICE Antonella Lattanzi
EDITORE Einaudi
ANNO DI USCITA 2023